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il pericolo che correva, l’abisso in cui stava forse per precipitare.

— Che è successo di loro? chiese O’Donovan stornando l’attenzione del generale. Sono stati forse uccisi?

— Sono caduti in una imboscata appena usciti da Duhem. Il capitano Hassarn fu ucciso da tre colpi di lancia, l’altro...

— L’altro?... chiese Fathma con voce strozzata.

— Fu fatto prigioniero dagl’insorti!...

— Dio!... rantolò ella.

Cacciò fuori un urlo disperato, straziante, portò le mani alla testa e cadde fra le braccia di Omar. O’Donovan impallidì come un morto; credette che tutto fosse perduto.

— Che è successo? chiese il generale correndo verso Fathma.

— Non è nulla generale, disse O’Donovan, sbarrandogli il passo. Abd-el-Kerim era suo... era suo fratello.

— Ah! disgraziato!... slacciategli le vesti, lasciatemi vedere:

— Non è nulla, vi ripeto, non è nulla.

— Chiamatemi il capitano medico, replicò il generale cercando di avvicinarsi all’almea svenuta. Lasciatemi vedere se posso fare qualche cosa io.

— Lo chiamerò più tardi, generale, non datevi pensiero di nulla, lasciate che lo trasporti nella mia tenda. Portalo via Omar.

Il negro vedendo il generale avvicinarsi e comprendendo il gran pericolo che correva l’almea se veniva scoperta, s’affrettò a gettarle sul volto il turbante, poi, presala fra le braccia, uscì di corsa dalla tenda.

— Permettetemi di seguirlo, generale, disse O’Donovan che sentì il cuore allargarsi. Quel povero ufficiale ha avuto un terribile colpo.

— Fate pure O’Donovan, ma potevate lasciarlo qui.

Il reporter finse di non aver udito e raggiunse il negro.