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— Lo sono.
— Rammentatevi che un sol gesto può tradirvi e forse perdervi. Il generale non tollererebbe nel suo campo una favorita del Mahdi.
— Vi dissi già che sono pronta a tutto. Non abbiate paura.
Due ufficiali uscirono in quell’istante dalla tenda, e salutarono rispettosamente il reporter che restituì a loro il saluto.
— Chi sono? chiese Fathma.
— Il capitano di stato maggiore Farquar e il barone Cettendorfs. Due uomini di ferro, specialmente il primo.
La sentinella ritornò annunciando che erano aspettati. O’Donovan strinse fortemente le braccia de’ suoi compagni, come per raccomandare a loro prudenza, e li condusse dentro.
In mezzo alla tenda, seduto su di un tamburo, se ne stava il generale Hicks con alcune carte topografiche spiegate sulle ginocchia.
Era questi un uomo di bell’aspetto, alto, robustissimo, non ostante che gli pesassero sulle spalle più che cinquant’anni, con una faccia alquanto dura, abbronzata dai raggi solari delle torride regioni e rugosa per le fatiche, ombreggiata da una barba piuttosto lunga, liscia e brizzolata da parecchi fili bianchi.
Hicks pascià era un soldato nel vero senso della parola, che sorto dal nulla, mercè la sua rara intrepidezza, la sua energia e il suo talento, era riuscito, passo a passo, a guadagnarsi il grado di generale.
Era entrato nell’esercito indiano l’anno 1848. Dopo aver combattuto in quasi tutte le battaglie della grande insurrezione indiana era corso in Abissinia a prendere parte alla guerra contro Re Teodoro, anzi entrava fra i primi in Magdala.
Ritiratosi in Inghilterra col grado di maggiore e nominato più tardi colonnello, ripartiva i primi del 1883 per Suakim onde prendere parte alla spedizione del Sudan.