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— Me lo prometti?
— Te lo prometto.
— Lascia fare a me. La prenderò, la trascinerò lungi dal campo e te la darò in mano legata.
— Ah! esclamò l’almea con feroce accento. Quando penso che la vedrò ai miei piedi gelata dalla morte, sento il cuore balzarmi in petto e provo una gioia sino ad oggi mai provata. Ah! quanto è bella la vendetta.
— Zitto, Fathma; ecco O’Donovan, disse Omar. O’Donovan entrò seguito da un negro che portava in ispalla un gran rotolo di vesti.
— Che ci portate? chiese Fathma affettando una certa noncuranza.
— L’occorrente per entrare nel campo senza destare sospetti, rispose O’Donovan congedando il negro.
— Forse con quelle vesti sulle spalle?
— Sedete e ascoltatemi.
O’Donovan empì una tazza di birra e la tracannò in un sol fiato, poi sedendosi dinanzi a loro due:
— Amici miei, diss’egli, in tempo di guerra, fare entrare in un campo degli sconosciuti, è sempre pericoloso.
— È giusto, disse Fathma.
— Ho fatto portare qui delle vesti di basci-bozuk, e mi pare che camuffati da soldati sia facile entrare ed uscire dal campo.
— Ah! fe’ Omar ridendo. Voi volete vestirci da basci-bozuk?
— Sicuramente.
— Anch’io? chiese Fathma.
— Voi più del vostro compagno.
— È ridicola.
— Niente affatto, io la trovo una precauzione saggia.
— Mi si conoscerà facilmente per una donna.
— Non così facilmente come credete. Avete un bel portamento e una faccia ardita. Orsù, spicciamoci.