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Essi accolsero la comparsa dei cavalieri con indescrivibili urla, alzando le lancie e le scimitarre di ferro.

— Torniamo indietro, disse Fathma. Forse non ci hanno ancora tagliata la ritirata.

— È impossibile, rispose il reporter. Dietro a quei ladroni vi è il campo e se ritorniamo verremmo facilmente uccisi.

— Che facciamo adunque? chiese Fathma.

— Non trovo altro mezzo che quello di forzare il passo. Sono sei o sette ladroni e non mi sembrano molto coraggiosi. Tirate l’jatagan e prendete le pistole; piomberemo loro addosso come una valanga.

I cavalli spronati a sangue ripartirono alla carriera. I ribelli, vedendoli venire addosso, saltarono in piedi colle lancie in aria. O’Donovan, che aveva tratto la scimitarra, ruinò in mezzo a loro spaccando nettamente la testa al primo che gli si parò dinanzi. Fathma e Omar scaricarono le loro pistole sugli altri, i quali, vista la mala parata, si affrettarono a lasciare il posto.

I cavalieri uscirono in furia dalla gola dirigendosi verso una boscaglia di palme e di mimose che nascondeva il campo egiziano.

— Avanti! avanti! gridò O’Donovan.

Un urlo tremendo e alcune moschettate tennero dietro al suo comando. Dai burroni e dalle gole uscirono varii drappelli di arabi Abù-Rof e di Baggàra slanciandosi dietro ai fuggiaschi, agitando freneticamente le lancie, le scimitarre e gli scudi.

— A briglia sciolta, Fathma, urlò il reporter. Sprona, perdio! Sprona che siamo vicini al campo

Dietro a loro s’udì lo scalpitìo precipitato di un cavallo. Omar volgendosi vide uno sceicco che si avvicinava rapidamente colla scimitarra alzata nella dritta e la bandiera del Mahdi nella sinistra.

— Guardati, Omar! disse rapidamente Fathma, scaricando la sua pistola.

Il negro si voltò e sparò il remington sullo sceicco, il quale lasciossi sfuggire di mano la bandiera.