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— Non arriverai a Sciula che cadrai in mano degli insorti. Quasi tutti i villaggi che conducono a El Obeid sono occupati dalle bande di Mohamed Ahmed.

— Allàh mi proteggerà.

Abù-el-Nèmr stette alcuni istanti pensieroso.

— Vuoi proprio lasciarmi? chiese alfine.

— Sì, e subito, se è possibile.

— Sta bene, Fathma. Olà Mustafah!

Un guerriero lungo e magro, ma dai muscoli di ferro dalla figura ardita e feroce, semi-nudo, spalmato tutto di grasso di cammello, e con un pugnale legato al braccio destro si fece innanzi.

— Mustafah, disse lo scièk, barderai tre dei migliori cavalli, li caricherai di provvigioni e partirai colla favorita del nostro signore. Tu le obbedirai come a me stesso, e le farai strada fra le orde dei ribelli.

Il guerriero partì come una freccia e cinque minuti dopo ritornava conducendo tre magnifici cavalli Abù-Rof puro sangue, bardati e carichi di provviste e con parecchie otri piene di fresca acqua, appese ai fianchi. I tre viaggiatori balzarono in arcione.

— Abù-el-Nèmr, disse Fathma, con voce commossa stendendo la mano allo scièk. Non mi scorderò mai di quello che tu hai fatto per me.

— Fathma, rispose gravemente lo scièk senza di te io sarei a quest’ora probabilmente morto. Serberò a te eterna riconoscenza e se mai un giorno tu avessi bisogno di un uomo per proteggerti pensa ad Abù-el-Nèmr. Va ora, e che Allàh ti salvi.

Baciò un’ultima volta la mano all’almea e chiuse gli occhi sospirando. I tre cavalieri subito dopo lasciavano gl’insorti galoppando verso l’occidente.

CAPITOLO X. — La pianura dei Leoni.

Calava la notte quando i tre cavalieri lasciavano gli ultimi alberi della foresta del Bahr-el-Abiad inoltrandosi arditamente nel deserto.

La luna, che alzavasi allora allora, rossa come un disco incandescente, illuminava vagamente quelle