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Abù-el Nèmr con un gesto imperioso li fece cadere tutti in ginocchio col volto nella polvere.

— Sciagurati! esclamò egli. Liberate la favorita del vostro signore e ringraziate Allàh che m’abbia fatto giungere in tempo per salvarvi dalla vendetta dell’inviato di Dio!

Il guerriero d’alta statura che aveva ordinato il supplizio si avvicinò umilmente ai due prigionieri e tagliò i loro legami. Egli s’inginocchiò quindi dinanzi a Fathma baciandole i piedi.

— Perdono! perdono! balbettò con voce tremante.

L’almea, lo rialzò con un gesto da regina.

— Ti perdono, diss’ella. Vattene.

— Ma non io! gridò Abù-el-Nèmr baciando impetuosamente la mano di Fathma. Chi alza un dito sulla favorita dell’inviato di Allàh merita la morte e non una volta, ma cento, ma mille. E’l-Maktud, tu non puoi sopravvivere, io non lo voglio.

— Ti obbedisco scièk, disse il guerriero puntandosi una pistola sulla fronte. Che Allàh mi perdoni.

Fathma e Omar si slanciarono verso di lui per disarmarlo ma non ne ebbero il tempo, il guerriero, obbediente al comando del suo capo, premette il grilletto, facendosi saltare le cervella. Cadde su di un banco col volto inondato di sangue.

— È orribile! esclamò Fathma con ribrezzo.

— No, è giustizia, disse lo scièk freddamente.

— Quell’uomo non mi conosceva, Abù-el-Nèmr.

— Peggio per lui. Fathma, perdonami se io non giunsi in tempo per impedire che questi cani di Baggàra avessero a maltrattarti. La caduta mi cagionò un dolore sì atroce che svenni. Orsù ritorniamo alla capanna che mi sento estremamente debole. Tu rimarrai qualche giorno con me?

— Non è possibile, Abù; ho fretta di raggiungere Hicks pascià, ora che so dove trovasi.

— Ti preme molto, adunque, quella vendetta?

— Molto, rispose Fathma.

— Con chi partirai?

— Col mio schiavo Omar.