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cuni erano immersi nell’acqua fino alle gambe e scagliavano di quando in quando qualche lancia che si fissava fortemente sul ponte inclinato del legno, altri invece si studiavano di guadagnare degli isolotti per avvicinarsi vieppiù, ed altri ancora si affaccendavano a costruire dei piccoli tugul di rami e foglie.

— Mi pare che quei birbanti abbiano intenzione di fissare la loro dimora su questi isolotti, bisbigliò Omar all’orecchio della compagna.

— Lo credi?

— Non vedi che stanno costruendo persino dei tugul. Essi calcolano di pigliarci colla fame, ne sono sicuro.

— E allora?

— Allora bisogna abbandonare il rottame più presto che sia possibile. La luna sta per nascondersi dietro a quella fascia di nubi, l’incendio sta per scemare e le stelle sono offuscate dalla nebbia della notte. Fra una mezz’ora vi sarà oscurità perfetta e potremo prendere il largo senza essere scorti.

— Quando è così fabbrichiamo la zattera. Allàh e il Profeta ci aiuteranno.

Essi ritornarono a poppa. Omar, salito sul capo di banda si lasciò discendere adagio adagio nel fiume tenendosi aggrappato ad una fune. Ben presto si trovò sul banco subacqueo coll’acqua fino alle ginocchia.

— Ci sei? chiese Fathma con un filo di voce.

— Sì, rispose il negro che tastava coi piedi la sabbia. Non vi è che mezzo metro d’acqua e il terreno mi pare sodo. Calami abbasso quanto legname puoi e quante fune trovi. Non fare rumore, sopratutto e non perdere di vista i ribelli.

— E i coccodrilli?

— Non ne vedo attorno al banco, eppoi ho la scimitarra. Il primo che vedo uscire dall’acqua e avvicinarsi a me gli rompo la testa. Orsù, affrettiamoci prima che l’oscurità sia perfetta.

I rottami non mancavano. Il tetto della rekùba co-