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drilli e mi pare che anche gl’insorti abbiano paura. Potrebbe darsi però che costruissero delle zattere o che facessero venire dei canotti.
L’almea provò un brivido e impallidì leggermente.
— Che non si possa lasciare questa carcassa? si chiese ella con rabbia.
— In qual modo? Siamo proprio in mezzo al fiume. Il primo che ardisce tuffarsi cadrà inevitabilmente sotto le palle del nemico o sotto i denti degli anfibi.
— E se si costruisse una zattera?... E perchè no?
— Una zattera!.. ah! la bella idea! esclamò Omar, picchiandosi fortemente la fronte. Abbiamo tanto legname quanto ci abbisogna e di più armi da tagliarlo e corde a nostro piacimento. Per Allàh! Se si potesse farla bella a quei cani d’insorti!
— Credi tu che affidandoci alla corrente verremo scoperti?
— Questo lo sapremo dopo. Il fatto è che bisogna allontanarsi prima che spunti l’alba e senza destare l’attenzione dei ribelli. Se ci vedono faranno cadere su di noi una tale pioggia di palle da fare dei nostri corpi un crivello.
— E i coccodrilli ci attaccheranno?
— Forse, ma ci difenderemo senza far troppo rumore. Dispenseremo colpi di scimitarra sui loro occhi o nelle loro gole. Andiamo a vedere come stanno le cose al di fuori, Fathma, e se l’oscurità è tanto fitta da impedire che quelli della riva ci scorgano.
Presi i fucili, Fathma e Omar tenendosi per mano guadagnarono la parete sfondata che guardava verso la riva sinistra, nascondendosi dietro un mucchio di rottami. Le zacchie ardevano ancora spandendo all’intorno una luce rossastra che illuminava sempre però più debolmente la corrente e i campi di durah. Dense nubi di fumo, miste a scintille, s’alzavano vorticosamente al di sopra dei crepitanti legni, ondeggiando capricciosamente qua e là a seconda che il vento soffiava.
Sulle isolette del fiume vociferavano più di due centinaia di ribelli cogli occhi fissi sul rottame. Al-