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I ribelli, che non lasciavano le isole, salutarono la loro scomparsa con una grandinata di lance affatto innocua.

— Coraggio Omar, disse Fathma che tremava malgrado il suo straordinario sangue freddo. Abbiamo assoluto bisogno di essere forti per lottare contro l’avversità che ci perseguita. Si direbbe che il Profeta congiura contro di noi e che protegge la rivale. Dimmi, che faremo ora, che non abbiamo più i mezzi per tirare innanzi e che i ribelli ci assediano?

— L’ignoro, padrona, balbettò il negro. Temo che per noi la sia finita.

— No, finita! esclamò Fathma con veemenza. Sono ancora troppo forte per arrendermi.

— Ma che volete fare? Non sappiamo più su di chi contare ora che tutti sono stati divorati. Ho dei terribili presentimenti che mi fanno perdere quel po’ di coraggio che ancora mi resta.

— Se tu hai dei presentimenti devi scacciarli, Omar. Qui abbiamo bisogno di risolutezza, forza e coraggio per uscire da questa pericolosa situazione. Orsù, fatti animo, tutto ancora non è perduto.

— Che si deve fare? Se colla mia vita potessi salvarvi, potessi conservarvi viva al mio padrone, sarei pronto a perderla, ma pur troppo non gioverà a nulla. Maledetto Mahdi!

— Taci, non imprecare contro quell’uomo, disse Fathma, con voce alterata.

— Perdono, padrona, non mi ricordava più che...

— Basta così, parliamo invece di qualche cosa di meglio. Credi tu che tutti i Sennaresi siano stati divorati?

— Non ho veduto alcuno ritornare a galla, nè ho udito alcun grido d’aiuto dopo il primo assalto dei coccodrilli. Non bisogna contare più su di loro.

— Sta bene, disse freddamente l’almea. Non conteremo che sulle nostre forze. Dimmi, ora, credi che gl’insorti tenteranno di abbordare il rottame?

— Non lo credo. Il fiume è ingombro di cocco-