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al bordo della darnas e spaccavano orribilmente le teste che s’alzavano verso di essi.
Era una carneficina, uno spaventevole massacro che la luce rossastra delle zacchie in fiamme rendeva ancor più orribile. I barcaiuoli, anneriti dalla polvere, madidi di sudore e di sangue che colava dalle ferite, non potevano più far fronte a quell’onda di ribelli che ingrossava ad ogni istante e che si precipitava ciecamente all’assalto mugolando come una banda di tigri. Già più che mezzi sfiniti, esangui, avevano abbandonato il posto ed erano caduti sul ponte rantolando, quando un cozzo formidabile avvenne a prua.
La darnas, spinta all’indietro da una forza irresistibile, lasciò il banco e tornò a galleggiare, indietreggiando. Una trave avventata da quindici o venti uomini uniti, l’aveva percossa sotto la ruota di prua schiantando due o tre madieri; tutti i barcaiuoli, perduto l’equilibrio, caddero sul ponte fra le urla indescrivibili dei negri che non ardivano gettarsi in acqua ove nuotavano sempre numerosissimi coccodrilli occupati a rimpinzarsi della carne dei cadaveri.
Quando si rialzarono per accorrere ai remi un grido d’angoscia sfuggì da tutti i petti. La darnas, spezzata a prua dalla spaventevole botta, imbarcava enormi getti d’acqua, affondando rapidamente!
CAPITOLO VIII. — La zattera.
La situazione era disperata, spaventevole: s’avvicinava una tremenda catastrofe. La darnas, colla prua sfondata, il timone schiantato, senz’alberi, senza vele, andava disordinatamente alla deriva virando da babordo a tribordo sotto il fuoco infernale degli insorti, che vista la preda sfuggire, urlavano furiosamente. L’acqua entrava a gran flotti dalla falla, fischiando fortemente e invadeva a poco a poco il ponte sul quale cercavano di issarsi a colpi di coda mostruosi coccodrilli colle mascelle spalancate.
Per alcuni momenti a bordo della darnas regnò