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Omar crollò la testa. Una seconda scarica di fucili s’udì accompagnata da grida selvagge. Fathma uscì dalla tettoia correndo verso i due negri.
— Che succede? chiese ella con voce visibilmente alterata. Siamo inseguiti?…
— Non ispaventarti, sorellina, disse Daùd colla maggior calma del mondo. Tirano delle fucilate e nulla di più.
— Non ho mai avuto paura, Daùd, disse con fierezza l’almea. Se corriamo un pericolo puoi parlare liberamente; non farò altro che prendere il fucile e battermi a fianco dei tuoi uomini.
— Lo so che le arabe sono intrepide.
— E dunque?
— Per ora non sappiamo nulla.
— Non ti pare prudente riprendere la navigazione?
— Se ci inseguono ci raggiungeranno lo stesso. È meglio rimanere qui anzichè correre il rischio di venire assaliti nelle vicinanze di Woad-Scelai. Gli abitanti del villaggio potrebbero moschettarci.
— Ohe! gridò un sennarese dall’alto dell’albero di maestra.
— Guarda una dahabiad che corre su noi!
— Per la barba di mio padre! esclamò Daùd, saltando verso poppa. Che sia proprio il greco?
Si slanciò sul cassero, seguito da Fathma, da Omar e da mezzo equipaggio. A seicento passi da poppa essi scorsero una dahabiad grandissima che saliva il fiume a vele e a remi. Sul ponte vi erano parecchi uomini vestiti di bianco e armati di fucili colla baionetta inastata.
Daùd impallidì leggermente e la sua destra corse all’impugnatura dell’jatagan.
— Per Allàh! mormorò egli con ispavento. Chi sono essi?....
— Il greco! esclamò Fathma.
— Lo vedi? chiese Omar.
— Sì, eccolo là a prua… È lui, Omar, è lui.
— Tuoni di Dio! Come si è svegliato?…
— Chi va là? gridò una voce partita dalla dahabiad.
La Favorita del Mahdi. | 13 |