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Alle due di notte sulla riva destra apparve il villaggio di Mahawir, attruppamento di capanne coniche e sede di una popolazione di barcaiuoli e pescatori la maggior parte dei quali si alleano agli arabi Abù-Ròf per esercitare la tratta degli schiavi a rubare ragazzi in questa o quella borgata. Daùd avrebbe voluto arrestarsi e confondere la sua darnas in mezzo a molte altre ancorate dinanzi al molo, ma la paura di venire scoperto e forse preso fra due fuochi lo decise a continuare il cammino.

Alle quattro, nel momento che l’alba cominciava a spuntare all’orizzonte, giunsero all’estremità settentrionale di Gez-Hagiba, isola assai allungata che divide il Bahr-el-Abiad in due grandi canali navigabili.

Possiamo arrestarci, disse Daùd a Omar. Abbiamo percorso già un bel tratto di via e sono persuaso che nessuno ci annoierà pel rimanente della notte. Domani, se sarà possibile, chiederò informazioni più precise sulla via presa da Dhafar pascià.

— Non temi adunque che il greco c’insegua?

— No, per ora. Del resto abbiamo su di lui un vantaggio di oltre quarantacinque miglia.

In quel momento si udì in lontananza una scarica di fucili seguita da un grand’urlìo. Omar prese le mani di Daùd stringendogliele fortemente.

— Hai udito? gli chiese con vivacità.

— Sì, rispose il reis.

— Chi credi che siano?

— Non lo so.

— Che sia il greco?

— Non lo credo. Siamo distanti non troppe miglia da Mahawir e potrebbe darsi che questa scarica sia stata sparata nel villaggio.

— Ma queste grida?…

— Hai ragione, mi parvero vicine. Forse saranno state emesse da qualche banda di Abù-Ròf. Adesso che ci penso, potrebbe trattarsi dell’attacco di qualche carovana che costeggia il fiume. Tu sai già che siamo in un paese di ladroni.