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volto le si infiammò e strinse convulsamente le pugna.
— Ah! esclamò ella con impeto selvaggio. Potessi alla fine trovarmi di fronte a quella iena.
— Che le faresti?
— L’annienterei, la farei a brani, in modo da non lasciarle un pezzo di carne attorno alle ossa.
— La odii immensamente adunque?
— Come un’araba può odiare la sua rivale; come un’araba che fu sferzata dalla sua rivale; come un’araba che fu resa infelice dalla sua rivale. Puoi indovinare ora fino a qual punto io odio Elenka.
— Olà! gridò in quel mentre un barcaiuolo. Guarda a prua!
Daùd alzò gli occhi e vide una gran barca che scendeva silenziosamente la corrente, tenendosi vicina alla riva destra. Gli parve di conoscerla.
— Se non m’inganno, diss’egli ai suoi compagni, quella darnas appartiene al reis Abu Scioqah mio amico. Sarebbe una bella occasione per avere qualche notizia sugli avvenimenti che accadono nell’alto Nilo.
— Che venga da Gez-Hagiba? chiese Omar.
— Potrebbe darsi.
— Interrogalo, disse Fathma. Potremo avere notizie di Dhafar pascià.
— Olà, Abu Scioqah! gridò Daùd facendo portavoce delle mani.
A prua della darnas apparve un’ombra biancastra.
— Chi chiama? domandò raucamente.
— Daùd. Da dove venite?
— Ah! sei tu, amico! esclamò quell’uomo con un tono di voce meno brusco. Dove ti rechi? Se oltrepassi Woad-Scelai e l’isola di Gez apri bene gli occhi.
— Perché? Vi sono degli egiziani?
— Altro che egiziani! La riva sinistra è occupata da una banda di maledetti Abù-Rof. Ti bombarderanno per tre o quattro miglia.
— Hai veduto Dhafar pascià e la sua armata a Gez-Hagiba?