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— Alla pazzia.

— Allora ci inseguirà, ne son sicurissimo. Il maledetto si recherà dal mudir (governatore) di Quetêna, gli farà brillare dinanzi agli occhi un bel gruzzolo di talleri e gli porterà via i dieci o dodici soldati egiziani che formano la guarnigione del villaggio. Delle darnas o delle dahabiad ve ne saranno sempre per imbarcarli.

— Corriamo un serio pericolo, adunque?

— Non quanto tu credi, Fathma. La mia darnas è una delle più veloci che solchino il Bahr-el-Abiad, e prima di domani avremo passato anche il villaggio di Mahawir.

— E se ci raggiungono? chiese Omar.

— Finchè avremo polvere e palle a bordo ci batteremo, poi sbarcheremo sull’una o sull’altra riva e ci salveremo nelle boscaglie. Però, sono persuaso che gli Egiziani non azzarderanno darci l’abbordaggio se noi ci difendiamo gagliardamente. Quegli uomini del nord non hanno fama di essere coraggiosi quanto noi sennaresi, disse con un certo orgoglio il reis.

— Credi tu, Daùd, che troveremo ancora Dhafar pascià accampato a Gez-Hagiba?

— Non lo credo, Omar. Quando noi lasciammo l’isola, mi dissero che fra qualche giorno sarebbe partito per Om-Qenênak.

— E allora, dove ritroveremo Abd-el-Kerim? chiese Fathma con viva emozione. Gran Dio! Se noi non lo ritrovassimo più?

— Non metterti in capo simili idee, Fathma, rispose il reis. A Gez-Hagiba io ho alcuni amici pescatori ed essi mi sapranno dire quale via avrà preso Dhafar pascià. Se si sarà diretto al sud, noi saliremo il Bahr-el-Abiad fino a Duêm o meglio ancora fino a Hellet-ed-Danàqla e là noi troveremo i cammelli necessari per dirigerci a El-Obeid. Se vuoi, io ti fornirò di una scorta di uomini fidati che ti faranno raggiungere Hicks pascià. Fra dieci o dodici giorni, ti assicuro che vedrai l’arabo ed Elenka.

L’almea, nell’udire il nome della greca, fremette il