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rallegravano di questo primo successo e stavano per accorrere alle finestre onde chiudere le imposte, quando s’udì Fit Debbeud vociare:
— Andate a prendere una scure! La faremo in mille pezzi!
— Siamo perduti, mormorò involontariamente Omar che provò una stretta al cuore. Fra cinque minuti i birbanti entreranno nella stanza.
— E allora?… chiese Fathma con ispavento. Cadrò ancora nelle loro mani? Omar!
— Armiamoci di coraggio, padrona, e difendiamoci strenuamente. Chissà, forse potremo tener testa fino all’arrivo di Daùd e dei suoi battellieri.
— Credi che verrà?
— Sì, Fathma, egli verrà a liberarci. Orsù, eccoli che ricominciamo l’assalto. Sta attenta a scaricare la tua pistola e cerca, se è possibile, di farmi andare a gambe levate qualcuno di questi beduini. Forse riusciremo a fugarli.
La porta scricchiolò sotto il primo colpo di scure e s’aprì una lunga fessura. Altri quattro colpi la ingrandirono e un fucile fu introdotto.
— Indietro, Fathma! urlò Omar, spingendola bruscamente da un lato.
— Arrendetevi! intimò una voce furiosa.
Il negro invece di rispondere afferrò il fucile per la canna, lo rialzò, puntò una delle sue pistole e fece fuoco. Un urlò accompagnò la detonazione, poi seguì il rumor sordo di un corpo che cadeva a terra.
— Ah! cani! vociò Fit Debbeud. Mi assassinano la gente!
Omar scaricò l’altra pistola; s’udì un secondo urlo e un secondo corpo che cadeva, poi un allontanarsi precipitato di passi e alcune fucilate, le cui palle si incastonarono nella porta. I beduini scappavano giù per le scale gettando urla di rabbia.
— Evviva! esclamò Omar, turando la fessura con alcuni guanciali. Sta attenta Fathma!
In quell’istante s’udirono i rami del gran tamarindo che ombreggiava l’abitazione, scuotersi furiosamente.