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CAPITOLO V. — La Fuga.
Respinti i primi assalitori, Omar e Fathma comprendendo il gran pericolo che correvano se si lasciavano prendere, si gettarono contro la porta della stanza rimasta semi-aperta. Chiuderla, sbarrarla e ammonticchiarvi dietro tutte le mobilie della stanza, fu per loro due l’affare di cinque minuti.
Avevano appena finito che udirono i beduini salire le scale e arrestarsi sul pianerottolo facendo un fracasso orribile. Un colpo violento fu dato alla porta che tenne duro.
— Aprite, razza di cani idrofobi! gridò Fit Debbeud. Ibrahim, è così che tu tradisci il padrone? Se riesco a pigliarti ti tenaglio le carni in modo da non lasciartene un pezzo attorno le ossa. Apri, per Allàh, apri, animale schifoso.
Omar e Fathma invece di aprire si addossarono tutti e due contro la barricata. Il primo passò una pistola alla seconda.
— Sta attenta, padrona, le disse rapidamente. Nel primo foro che si apre introduci l’arma e spara.
— Apri, animalaccio ripigliò Fit Debbeud con voce arrangolata. Sei morto forse con quella donna da trivio? Ah! se fosse qui Notis!
S’udì un secondo colpo ancor più terribile del primo; l’uscio scricchiolò sinistramente.
— Gettatemi giù la porta, comandò lo sceicco. Voglio ben vedere dove si sono nascosti questi due birbanti. Vivi o morti noi li avremo in mano.
— Omar, mormorò Fathma.
— Non tremare padrona, rispose il negro. Prepara la tua pistola e lascia a me la cura di fugare questo branco di beduini.
— Ma se gettano giù la porta?… Dove fuggiremo noi?
— Prima di entrare dovranno chiedere il permesso alle mie pistole e al mio jatagan. Sta attenta, Fathma!
I beduini si misero a battere furiosamente coi calci dei moschetti e colle lancie, ma la porta grossa come era, non si scosse nemmeno. Omar e Fathma già si