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— Ah! Siete qui, padrone! esclamò Ibrahim con mal celata gioia. Abbiamo delle grandi novità.
— Narra, Ibrahim, disse Notis sedendosi di fronte a lui.
— Accendete il scibouk ed ascoltatemi, disse il reis spingendo verso di lui la pipa carica d’oppio.
Il greco prese il scibouk e vedendo che era di già carico l’accese avvolgendosi fra dense nubi di fumo.
— Ditemi, innanzi tutto, come sta quella donna che voi tenete prigioniera. Essa mi interessa qualche poco.
— Non mi curerò di lei per tre giorni, rispose Notis stizzito. Ma dopo, oh la vedremo chi di noi due la vincerà. Raccontami ora, queste novità.
Il reis vuotò il fingiam (vasetto) di caffè e rovesciandosi indolentemente sull’angareb, gli disse a bruciapelo:
— Padrone, lo schiavo di Abd-el-Kerim è arrivato a Quetêna.
Il greco fece un soprassalto sul sedile emettendo un gran oh! di sorpresa.
— Da quando? chiese con ansia. L’hai veduto tu?
— Sono due giorni che è giunto e sa già che Fathma trovasi nelle vostre mani.
— È solo?
— Solo e in miseria per soprappiù.
— Non è da temersi adunque! esclamò Notis che respirò.
— Non c’è da darsene pensiero. Il povero diavolo l’ho veduto ieri sera che rosicchiava una pannocchia di durah sotto una rekuba. Mi pareva assai malandato.
— Come facesti a sapere che era Omar?
— Perchè gli ho parlato assieme.
— Tu!... Scherzi forse?
— Niente affatto.
— E... ti ha conosciuto?
— Non sa nemmeno chi sia.
— Potevi dargli un colpo di coltello e freddarlo.
— Ma parve una fatica inutile. Che ne dite?