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schetti e di jatagan e vi terrete pronti ad entrare in campagna al mio comando.
Oh!... che c’è in aria?
— Dobbiamo assalire quella villa che tu vedi là, sulla riva sinistra, e salvare una donna che si trova rinchiusa. Hai capito, state pronti a tutto e basta. Recati a bordo ora, portami quella scatola d’oppio che trovasi nella mia cabina, e vieni a raggiungermi al caffè.
— Io corro.
— Va dunque e spicciati.
Il battelliere non se lo fece dire due volte e se ne andò di corsa. Ibrahim si stropicciò allegramente le mani ed entrò nel caffè che trovavasi pochi passi lontano. Non vi era che il wadgi (caffettiere) che faceva fuoco al fornello alzandosi e abbassandosi per soffiarvi sopra.
— Meglio così, borbottò il reis. Si addormenterà senza testimoni.
Chiamò il wadgi, si fece portare una tazza di moka fumante e due scibouk. Aveva appena cominciato a sorseggiare la deliziosa bevanda che entrava Saba.
— L’oppio? chiese brevemente Ibrahim.
— Eccolo, padrone, rispose il battelliere porgendogli una scatoletta.
Il reis l’aprì con precauzione; conteneva una dozzina di pallottoline d’oppio. Ne prese quattro e le mise in uno dei scibouk coprendolo con un fitto strato di tabacco.
— Le fumi? chiese Saba, sorpreso. Ti ubbriacherai terribilmente.
— Zitto, giovanotto, disse Ibrahim con aria misteriosa. Ora ti recherai alla villa che poco fa ti additai, e chiederai del greco Notis, tieni bene in mente questo nome. Gli dirai che venga subito qui che devo parlargli su cose assai interessanti. Va!
Il battelliere uscì di corsa dirigendosi verso il molo, e Ibrahim, empito l’altro scibouk di tabacco l’accese mettendosi a fumare colla maggior calma del mondo. Mezz’ora dopo entrava in furia il greco Notis.