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— Bel piano! esclama Daùd. Ma potrebbe darsi che venissimo scoperti, però.

— Ci difenderemo fino all’ultimo respiro. I due equipaggi ci presteranno man forte.

— Siamo intesi. Tu Ibrahim ti rechi a Quetêna a giuocare un brutto tiro al greco. Alla sera noi assaliremo l’abitazione e libereremo Fathma. Orsù, a bordo, che ho una fame da lupo.

— Andiamo Daùd, disse allegramente Omar. Se riusciamo dò duecento talleri a ciascuno di voi. Ah! mio caro Notis, non sai ancora quanto possono fare Abd-el-Kerim ed il suo schiavo.

I due reis ed il negro, alcuni minuti dopo mettevano piede sul ponte del gran battello.

CAPITOLO IV. — Omar e Fathma.

All’indomani, due ore dopo il mezzodì, Ibrahim lasciava il gran battello di Daùd colla ferma idea di allontanare e ridurre a completa impotenza il greco Notis. Imbarcatosi sul suo canotto con pochi colpi di remo prese il largo e venti minuti dopo sbarcava su molo di Quetêna ingombro di Sennaresi e di Arabi che caricavano e scaricavano la lunga fila di barche ancorate sotto la sponda.

Girando lo sguardo all’intorno vide subito che uno dei suoi barcaiuoli lo aspettava seduto su di una balla di mercanzia. Gli si avvicinò sollecitamente:

— Che abbiamo di nuovo Saba? gli chiese, battendogli sulle spalle.

— Stavo a vedere quando tu ritornavi, rispose il battelliere. Questa mane venne a bordo un beduino chiedendo di te.

— Si trova ancora sulla dahabiad quest’uomo?

— No, ma mi disse che appena tu giungessi ti mandassi da lui.

— Non ho tempo per recarmi da quell’uomo, disse Ibrahim. Ascoltami ora, Saba.

— Sono tutt’orecchi.

— Farai armare tutti i battellieri di buoni mo-