Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
169 |
— Come sai questo? esclamò il reis. Saresti tu lo schiavo di?... possibile!
— Sì, io sono lo schiavo di Abd-el-Kerim. Come facesti a indovinarlo?
— Mi narrarono che tu navigavi verso questo villaggio.
— Eh!... fe’ Omar sorpreso. E chi te lo narrò?
— Elenka, quando io approdai a Gez Hagiba.
— E il greco sa nulla?
Il reis non rispose e si mise a guardare altrove con aria imbarazzata.
— Parla, gli disse Omar, con tono minaccioso. Il silenzio potrebbe esserti funesto.
— Ebbene, sì, Notis lo sa.
— M’ha veduto forse?
— No, ma ti cerca.
— Basta così. Ora so cosa devo fare.
Egli drizzò la prua alla piccola baia in mezzo alla quale galleggiava il suo legno. Arenò il canotto fra le erbe della riva e chiamò Daùd, il quale fu pronto ad attraversare il ponte e a raggiungerlo.
— Dove hai preso quel canotto? chiese il sennarese.
— A quest’uomo che vedi legato, rispose Omar, afferrando Ibrahim e gettandolo fra le erbe nè più nè meno come fosse una balla di mercanzia.
— Un uomo! esclamò Daùd, Oh! ma quello li è il mio amico Ibrahim!
Il vecchio barcaiuolo alzò a quella voce la testa e si guardò intorno.
— Daùd! gridò egli, cercando di alzarsi. Giusto Allàh, il mio Daùd!...
— Che diavolo succede, disse Omar, Vi conoscete!
— Ma sicuro, Omar, rispose vivamente Daùd, Quest’uomo è il mio miglior amico che abbia sul Bahr-el-Abiad. Come tu me lo conduci così legato. Che può mai aver fatto a te, questo povero Ibrahim. Lascia che io lo liberi.
Così dicendo aveva estratto un coltello e s’era messo a tagliare le corde del vecchio che potè ri-