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— Dio!.... Dio!.... ripetè ella. Tutto è perduto, tutto è finito! Potessi almeno veder un’ultima volta colui che tanto amo, e poi morire.
Ella si nascose la faccia fra le mani e il suo volto si inondò di lagrime. Il fragore di un vaso di fiori che si infrangeva la fece saltar in piedi.
Si guardò attorno e scorse a terra un grosso ciottolo appeso al quale eravi qualche cosa di bianco. Lo prese, continuando a guardarsi attorno per la tema di venire scoperta, e s’accorse che quel bianco era un pezzetto di carta scritta. Lo spiegò e lesse in arabo:
«Ho visto e udito tutto. Ho disertato per ordine di Abd-el-Kerim e non ho altra missione che quella di salvarti. Non temere nulla: prima dei tre giorni sarai libera.
«Omar».
L’almea rattenne a malapena un grido di gioia che stava per sfuggirle e corse alla finestra. Ella vi giunse nel momento che un negro semi-nudo, uscito dalle acque del Nilo, saliva la sponda opposta,
— È lui! Omar: esclamò con voce tremante. Allàh, fa che egli mi salvi!
CAPITOLO III. — Il reis Ibrahim
Il vecchio reis Ibrahim, lasciato che fu da Notis, non aveva perduto il tempo. Sedutosi per terra, s’era fatto portare due grandi vasi di merissak e si era messo a bere sbocconcellando un enorme pezzo di ebrèk, sorta di pane fatto con maiz agro, e che mangiasi usualmente bagnato con brodo o con latte zuccherato. Lo sceicco Fit Debbeud, entrando allora allora, si era bravamente seduto di fronte a lui e lo aiutava efficacemente a vuotare i vasi di birra, intavolando una viva conversazione.
— Dunque, tu narravi al padrone, diceva lo sceicco, che hai veduta Elenka a Gez Hagida.