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getto nel Nilo a pasto dei coccodrilli e poi salvo Fathma. Non temere mio povero padrone, che Omar ritornerà a farti felice. Era da prevedersi che avrebbero assalita e distrutta la scorta per avere in loro mani l’almea, ma Omar vi punirà tutti, tutti!
Si gettò in mezzo ai canneti, procedendo a salti, sollevando bande di pernici, di pavoncelle, di cornacchie e di superbi fenicotteri che fuggivano gridando maledettamente, e giunse a trecento passi dai primi tugul di Quetêna. Qui si arrestò di botto come fosse stato d’un colpo pietrificato.
A dieci metri di distanza, seduto su di una piccola rupe tagliata a picco sul Bahr-el-Abiad, aveva scorto un uomo avvolto in una ricca farda, colla faccia semi-coperta da una barba nera e ispida. Lo riconobbe subito; un tremito di collera agitò le sue membra e i suoi lineamenti.
— Notis! esclamò.
Lo fissò attentamente, trucemente, rattenendo il respiro. Il greco aveva gli occhi rivolti su di una bella abitazione, piantata sulla riva opposta del fiume e che specchiavasi nelle tranquille acque. Sulla cima di quella villetta ondeggiava la bandiera greca, e tutto all’intorno crescevano superbe palme e grandissimi tamarindi che deliziosamente ombreggiavano. Omar sussultò e spinse i suoi occhi verso le finestre riparate da leggiere persiane.
— Fathma è là! mormorò egli. Il cuore me lo dice e lo sguardo del greco fisso su quelle finestre mi assicura che il cuore non si inganna. Sta bene: ora a noi due, Notis.
Levò dalla cintura una pistola, l’armò silenziosamente, versò alcuni grani di polvere nello scodellino per essere più sicuro del colpo e l’alzò, mirando la testa del greco.
Gli faccio scoppiar il cranio, pensò il negro. Capitombolerà nel Nilo e i coccodrilli s’incaricheranno di far sparire il cadavere.
La canna dell’arma si era arrestata all’altezza della fronte di Notis; già stava per far partire la carica, quando udì sulla riva opposta un:
— Olà!