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i monti Kaid. Nel medesimo istante echeggiò un gran scroscio di risa beffarde e il greco Notis apparve.

Egli tese le mani l’una verso il sud dove veniva trascinato Abd-el-Kerim e l’altra verso il nord dove veniva trascinata Fathma.

— Io al nord ed Elenka al sud, diss’egli. I greci hanno vinto gli arabi.

CAPITOLO XIV. — La caccia all’almea.

L’esercito egiziano era ormai scomparso dietro le colline quando il greco lasciò il campo.

Egli raggiunse il villaggio d’Hossanieh, ben avvolto nel taub, attraversò rapidamente quel laberinto di viuzze ingombre di cammelli carichi per lo più di gomma o di durah e guadagnò un’altura sulla quale il dongolese che aveva accusata l’almea, canterellava dei versetti dell’Alcorano.

— Ah! sei qui, disse il greco. Ti ringrazio innanzi a tutto del servigio che hai reso alla favorita del Mahdi.

— Ringraziate vostra sorella che mi diede l’imbeccata, rispose il dongolese. Bisogna proprio dire che è una gran furba.

— È greca e ciò basta. Hai veduto alcuno?

— Fit Debbeud e i suoi sono nascosti a cinquecento passi da qui e non attendono che il segnale per venire.

— Non perdiamo tempo allora.

Trasse una pistola e la sparò in aria; una detonazione analoga facevasi udire pochi secondi dopo.

Quasi subito una banda di mahari uscì da un macchione di palme deleb e si diresse a tutta corsa verso l’altura. In testa cavalcava Fit Debbeud, riconoscibile pel suo fez rosso e le bardature lucenti del suo cammello, e al suo fianco cavalcava, Elenka colla carabina in mano e la lunga capigliatura, cosparsa di monete d’oro, sciolta al vento.

Giunti ai piedi del colle lo sceicco e la greca discesero di sella e raggiunsero Notis che aveva acceso pacificamente il suo scibouk.