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Fathma mandò un grido terribile e tentò gettarsi sul dongolese, ma i soldati l’afferrarono pei polsi. Abd-el-Kerim mise mano alla scimitarra.

— Miserabile! urlò egli.

Gli ufficiali però lo disarmarono, trascinandolo via come pure disarmarono il capitano Hassarn che aveva puntata una pistola sul delatore.

— Arrestate quella donna, disse Dhafar pascià, e conducetela a Chartum.

— Non fatelo! Non fatelo!... urlò Abd-el-Kerim che fuori di sè dibattevasi disperatamente fra gli ufficiali.

— Arrestate quella donna, e trascinatela via, replicò Dhafar imperiosamente.

I soldati afferrarono l’almea e la portarono via malgrado le strazianti sue grida e i suoi sforzi sovrumani.

— Aiuto, Abd-el-Kerim, aiuto, Hassarn, ripeteva la poveretta.

L’arabo cercò di correre in suo aiuto seco trascinando gli ufficiali ma si fermò dinanzi al pascià che, tratto dalla cintura un revolver, lo toglieva di mira.

— Se tu la segui io ti ammazzo, gli disse Dhafar.

— Lasciami andare che io diserto la mia bandiera, lascia che io segua colei che amo più della mia vita, urlò Abd-el-Kerim, che pareva un pazzo. Degradami se vuoi ma lascia che io vada con lei a Chartum, che io la protegga, che io la discolpi.

— Abd-el-Kerim, ho ordini formali del governatore di Chartum di condurti meco e io ti condurrò al sud.

Ad un suo cenno dodici o quindici neri s’impadronirono dello sventurato arabo, lo rovesciarono, lo legarono saldamente e lo trascinarono a viva forza. Hassarn che aveva sguainata la scimitarra, circondato da ogni lato, fu costretto ad abbandonare ogni difesa e a lasciarsi arrestare.

— A cavallo, comandò il pascià.

Lo stato maggiore salì in sella e si affrettò a raggiungere il piccolo esercito che si dirigeva verso