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L’almea presa alla sprovveduta tremò tutta. Comprese subito l’abisso in cui stava per cadere e fece appello a tutto il suo coraggio per non perdersi.
— No, diss’ella risolutamente. Non conobbi mai il falso profeta.
— Oh! esclamò il pascià. Tu menti, te l’assicuro, tu menti!
— No, te lo ripeto pascià, non conobbi mai il Mahdi.
— Giuralo.
L’almea impallidì e si tacque, ma vide gli sguardi penetranti di Abd-el-Kerim fissi nei suoi come per incoraggiarla e non esitò più.
— Lo giuro sul Corano, diss’ella, alzando la destra.
Abd-el-Kerim e Hassarn respirarono. Credettero che fosse salva, ma questa speranza durò un lampo. S’udì il lamentevole urlo dello sciacallo e subito dopo un selvaggio fendè il cerchio formato dallo stato maggiore. Era il dongolese che Notis aveva presentato a Dhafar pascià. Egli camminò dritto verso l’almea e toccandole con un dito il seno le gridò:
— Spergiura!
S’udì un mormorio di sorpresa. Gli ufficiali si strinsero vieppiù attorno a quel gruppo ansiosi di vedere come la sarebbe finita.
— Spergiura! ripetè il dongolese.
Abd-el-Kerim fece un salto innanzi colla faccia alterata e le mani sulla guardia della scimitarra.
— Chi sei? gli chiese con voce arrangolata.
— Un dongolese che militò sotto le bandiere del Mahdi e che poi disertò per passare sotto quelle di Yossif pascià. Sono un superstite della strage di Kadir.
— E tu dici?...
— Che quella donna mente.
— Io! esclamò la povera almea, che perdeva il suo sangue freddo.
— Sì! tu menti, ripetè il dongolese con maggior forza. Io ti vidi a El-Obeid quando tu eri la favorita del Mahdi!