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— Ma come mai siete vivo?... M’avevano narrato che Abd-el-Kerim vi aveva cacciato la scimitarra attraverso il corpo e che eravate caduto in uno stagno profondissimo.
— È vero, disse Notis, ma i greci hanno l’anima incavigliata.
— Non capisco come siate risorto.
— È facilissimo, pascià! Quando Abd-el-Kerim mi lasciò nello stagno, non ero ancora spirato. Un beduino, passando poco dopo per la foresta, udì i miei gemiti e mi raccolse. Languii più giorni nella sua tenda ma finalmente guarii ed ora ritorno al campo.
— Per riprendere il comando della vostra compagnia?
— Niente affatto. Ecco qui una lettera firmata dal mudir di Chartum il quale mi concede il congedo di due anni; mia sorella me la recò tre giorni or sono.
— Ah! fe’ Dhafar sorpreso. È qui vostra sorella Elenka?
— No, è accampata alle ruine di El-Garch.
— E allora che volete da me? chiese il pascià dopo di aver letta la lettera che Notis gli porgeva.
— Siamo perfettamente soli?
— Assolutamente soli.
— Dhafar pascià, disse Notis gravemente, nelle vostre file avete una spia di quel cane di Mahdi.
— Nelle mie file, esclamò il pascià. Chi può essere mai?
— Una donna che fu la favorita del Mahdi e che ora divenne l’amante di Abd-el-Kerim.
— Fathma!
— Sì, proprio l’almea Fathma, mandata qui dal suo signore per tradirvi tutti quanti e farvi uccidere prima che abbiate a raggiungere l’armata d’Hicks pascià.
— È forse una rivincita che tentate contro Abd-el-Kerim?
— Non mi curo più di quell’arabo. Lo disprezzo e ciò per me basta.
— Ma sapete che se è vero quello che asserite Fathma è perduta?