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— Non potei arrivare alla porta, ma nell’uomo che fuggiva riconobbi perfettamente il prigioniero ed era armato di un jatagan che mi tagliò l’hàrba.

— Olà! gridò una vociaccia imperiosa, tirate innanzi, ira di Dio! L’arabo, vivo o morto, ma possibilmente vivo, bisogna pigliarlo.

Quella voce fece scattare in piedi Abd-el-Kerim.

— Sogno! esclamò egli con profondo terrore. Gran Dio!...

Si sporse innanzi, rattenendo il respiro, colla faccia livida, tutto in sudore, i pugni chiusi convulsivamente attorno alle armi.

— Ira di Dio! gridò la medesima voce. Avanti tutti!

Abd-el-Kerim gettò un grido strozzato e retrocedette suo malgrado.

— Notis! Notis! ripetè egli. Non l’ho dunque ucciso io?... Ah! mostro!

Varcò la porta e andò a tasteggiare il suolo fino a che trovò il cadavere del beduino. L’alzò, se lo gettò in ispalla, se lo fece scivolare sul petto in maniera che gli servisse in certo qual modo di scudo, e si spinse innanzi, cieco di collera e assetato di vendetta.

— Avanti, Notis! gridò egli con terribile accento. Io t’ho scoperto!

— Ira di Dio! urlò il greco. È lui!

Da una parte e dall’altra s’udì un rumore delle pistole che si montavano, poi la voce tonante di Fit Debbeud urlare:

— Tutti avanti!

Abd-el-Kerim s’appoggiò al muro indeciso, non sapendo se arrischiare la vita per una quasi impossibile vendetta o d’asserragliarsi nel sotterraneo e aspettare gli eventi. Stava per ritirarsi quando vide le torcie dei beduini.

Tese la dritta armata di pistola, mirò un secondo e fece fuoco. La detonazione fu seguita da un urlo straziante e uno dei beduini capitombolò al suolo cadendo sulla torcia che portava.