Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
9 |
linavano con voluttà sibaritica del vero moka fumante racchiuso in fiugiàn o vasetti senza manico.
In un canto, su di un angareb coperto di stuoie dipinte, stava sdraiato un greco di media statura dalla pelle chiara, occhi castani e grandi e una gran barba nera e ispida. Appena che scorse i due ufficiali scattò in piedi, movendo loro incontro.
— Olà! Abd-el-Kerim! gridò, gaiamente.
— Ah! sei tu, Notis! esclamò l’arabo stringendo vigorosamente la mano che l’altro gli tendeva.
— Avevo paura che tu non mi venissi incontro. Ira di Dio! Posso chiamarmi ancora fortunato.
— Avesti torto di supporre che non sarei venuto. Quanto tempo è che sei arrivato?
— Può essere una mezz’ora che ho lasciata la dahabiad (barca) di quel birbone d’Ibrahim. Ah! che viaggio noioso, amico mio! Sono arrostito nè più nè meno d’un montone. Come va, Oòseir?
— Come la può andare ad un uomo che fuma ed ozia tutto il giorno, rispose il basci-bozuk.
— Voi nei villaggi state sempre bene. Ehi! wadgi (caffettiere) portaci un vaso di merissak.
Il basci-bozuk e l’arabo si sedettero e tracannarono parecchie tazze di birra recate dal wadgi.
— Ebbene, Abd-el-Kerim, chiese Notis, come mai non mi chiedi nulla di mia sorella Elenka? Avresti, per caso, dimenticata la fidanzata?
L’arabo trasalì leggermente e sulla sua fronte si disegnò una ruga.
— Ah! perdona, Notis, rispose egli. La tua presenza, la gioia di rivederti, me l’avevano fatta dimenticare. Come sta la mia bella fidanzata?
— Ti porto, innanzi tutto, un monte di saluti e una botte di proteste amorose, disse Notis ridendo. La piccina sta sempre bene, ma smania dalla voglia di rivederti e ha sempre paura che tu la dimentichi o che una disgraziata palla ti colga.
— Ha torto di temere che io l’abbandoni. Dal primo dì che la vidi sempre l’amai e spero ritornare da lei fedele.