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Elenka si volse indietro, chiuse la porta col chiavistello e si mise in tasca la chiave. L’almea non dissimulò un gesto di sorpresa e fece due passi verso la finestra, forse per chiamare il negro che vegliava sulla via, ma la greca fa pronta a sbarrarle il passo.
— Chi sei? ripetè l’almea duramente.
— Non mandare un grido, non tentare nulla, disse Elenka risolutamente. Voglio parlarti.
— Non ti conosco.
— Mi conoscerai fra poco. Non sei tu Fathma?
— Ebbene?
— L’amante dell’arabo Abd-el-Kerim?
Abd-el-Kerim! esclamò l’almea. Che sai tu del mio fidanzato? Dove trovasi egli? Vieni a dirmi qualche cosa? Parla, parla, che ho il cuore infranto.
Un beffardo sorriso apparve sulle labbra della vendicativa greca e il cuore le si allargò dalla gioia. La rivale soffriva; era per lei una felicità.
— Io so più di quello che tu credi, ma voglio sapere una cosa prima, diss’ella.
— Parla, parla, io sono tua, rispose l’almea con emozione. Io ti dirò tutto quello che tu vorrai, purchè mi additi ove trovasi il mio Abd-el-Kerim, il mio fidanzato.
— Dimmi da dove vieni, bisogna che io lo sappia.
— Da El-Obeid. Fui la favorita di Mohamed Ahmed il Mahdi del Sudan.
— Ah! fe’ la greca sogghignando. Fosti la favorita del ribelle Ahmed!
— Che trovi tu di strano? Io vo’ superba d’aver appartenuto a un tal uomo, all’inviato d’Allàh.
— Non trovo nulla di straordinario. Un’almea sarà sempre un’almea.
Fathma alzò il capo con fierezza e le lanciò una occhiata sprezzante.
— Quale scopo avevi quando salisti da me? domandò ella. Non ti conosco, sento istintivamente che tutto ho da temere da te, che tu hai degli strani