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— La sorella di Notis è una ragazza seducente, la più bella che si possa trovare in tutta la Nubia e in tutto il Sudan, tanto ammirabile che tenterebbe anche il Profeta se fosse ancora vivo.
— Sì, bella, superba, forse troppo superba e troppo terribile.
— E l’ami molto, tu?
— Come può amare un arabo.
— È troppo poco Abd-el-Kerim.
— A me sembra sufficiente, Oòseir.
— Mi sembri un po’ freddo, oggi. Una volta parlavi con più fuoco. C’è pericolo che la lontananza e la vita del campo abbiano a spezzare il nodo?
— Non lo credo, rispose l’arabo quasi di cattivo umore. Elenka è sempre radicata nel mio cuore. Eppoi chi ardirebbe romperla con quella creatura? È una greca, ma una greca terribile.
— Deve esserti costato assai, conquistare il cuore di quella superba donna che disprezzò l’amore di pascià e di mudir (governatori).
— Per conquistarla mi fece soffrire due anni, e soffrire a segno che credetti d’impazzire. Mi disprezzò, mi derise atrocemente, mi dilaniò il cuore, poi ebbe pietà di me, si mostrò meno superba e meno feroce e finì per amarmi. Aveva vinto la greca, ma assai a caro prezzo.
L’arabo si passò la mano sulla fronte e sospirò.
— Ecco il caffè, disse Oòseir, arrestandosi.
Erano giunti dinanzi ad una grande capanna colle mura di mattoni cotti al sole, diroccate e col tetto acuminato coperto di ghérsc o paglia durissima.
Vi entrarono. Era occupato da una ventina di persone, parte Arabi, parte Nubiani e parte Sennaresi avvolti, nonostante il caldo, in candide farde o in grandi taub (mantelli) orlati di rosso. Alcuni erano sdraiati su tappeti scolorati e sfilacciati e fumavano silenziosamente nei loro scibouk di terra cotta e dorata; altri erano seduti su panche primitive o su vasi rovesciati e bevevano il merissak, specie di birra fatta con maiz fermentato, o centel-