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parlar di esse: quanto ha detto per rendere «disciplinabile» lo scolaro vale anche per loro.

Silvio Antoniano il lodato autore «Dell’educazione cristiana» pensa a lungo alla donna: tuttavia gli è balenato in mente che diversa deve essere la sua educazione a seconda della classe sociale a cui appartiene. Le figlie del popolo è perfino inutile, egli pensa, che sappiano leggere e scrivere, quelle delle classi medie si concedano pure cotesto lusso, e le nobili possono anche apprendere a numerare; non è bene però che insieme ai fratelli e con gli stessi loro maestri, imparino la lingua e a poetare. La madre non si occupi che della prole, ma più al padre raccomanda l’istruzione di questa, quasicchè anch’egli, come il Flaminio e il Rapicio, creda unico e supremo dovere della madre il nutrire i figliuoli, non riconoscendole poi bastante forza d’ingegno e di volontà per ben dirigerne l’educazione.

Idee veramente meschine che vorremmo rimproverare all’Antoniano se non fossero quelle dell’età sua. E proprio nel suo pensiero meglio che in quello degli altri pedagogisti del secolo XVI, che si sono occupati quasi esclusivamente delle fanciulle agiate, si rispecchiano le condizioni della donna in quel tempo, anche per ciò che concerne le popolane, che nessuno prima di lui, e per molti secoli dopo, aveva preso nella dovuta considerazione.

Così la donna è grazioso ornamento ed anima