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mai le sue doti esclusive di grazia e di gentilezza «.... parmi che in modi, maniere, parole, gesti, portamenti suoi, debba la donna essere molto dissimile dall’omo, perchè come ad esso conviene mostrare una certa virilità soda e ferma, così alla donna sta bene avere una tenerezza molle delicata, con maniera in ogni suo movimento e dolcezza femminile che nell’andare e stare e dire ciò che si voglia sempre la faccia parer donna senza similitudine alcuna d’omo. Tuttavia molte virtù dell’anima estimo io che sieno alla donna necessarie così come all’omo, medesimamente la nobiltà, il fuggir l’affettazione, l’essere aggraziata da natura in tutte le operazioni sue l’essere di boni costumi ingeniosa, prudente, non superba, non invidiosa, non maledica, non vana, non contenziosa, non inetta, sapersi guadagnare e conservare la grazia ... e di tutti..., e far bene e aggraziatamente gli esercizii che si convengono alle donne».
Ma quali? Oh nessuno che possa turbare la sua dignitosa compostezza; non giuocare alla palla, non maneggiar l’arme, non cavalcare, come ben s’addice a compito cavaliere: bensì danzare con tutto garbo, cantare gentilmente, suonare istrumenti delicati. Queste, egli dice, sono le doti necessarie a ogni donna, inoltre quella di corte deve avere notizie di lettere, di musica, di pittura, saper danzare alla perfezione e vivere con modestia fra lieta compagnia. Sia nel conversare, nel ridere, nel giocare, insomma