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ciare la coltura classica a quella cristiana, come di studii pagani e di sentimenti cristiani era imbevuta la donna erudita del cinquecento.
E l’alba del Rinascimento diede luogo a uno splendido sole nelle arti, nelle lettere, e schiuse anche molte buone idee nel campo della pedagogia. Mentre in Francia si ride con Rabelais, si pensa con Montaigne, in Olanda si studia con Erasmo, nella Spagna col Vives, mentre in Germania si intravedono nuovi orizzonti con Lutero e Comenius, in Italia sorgono profondi e geniali educatori, che, se in fondo si mantengono ancora fedeli all’ideale di educazione romana, vanno tuttavia arricchendosi di buoni pensieri anche riguardo all’educazione muliebre. E rispetto ad essa in Italia, come altrove, gli studiosi si dividono in due schiere, che ancora oggidì si mantengono distinte e contrarie.
Al Vives ed Erasmo, che, amanti dell’educazione della donna, preparano per lei un piano di studii tuttora apprezzabile, corrispondono in Italia, nel cinquecento, almeno in parte, Ludovico Dolce e Bartolomeo Meduna; con Rabelais, Montaigne, Charron, che non la vogliono affatto togliere al quieto vivere della famiglia e ritengono le basti allattare ed allevare i figliuoli, s’accordano il Tommasi, lo Speroni, Silvio Antoniano.
Tuttavia neppure in questo secolo nessuno fra noi ha studiato sufficientemente il problema dell’edu-