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più violenti improvvisano fulminee proteste contro gli ordinamenti politici, mentre i più miti si contentano di approvarle; dove si demoliscono provetti insegnanti e se ne eleggono dei nuovi: dove si meditano e si mettono in esecuzione pronte e nobili violenze, come l'atterrar porte, l'oltraggiare professori e l'impugnar bandiere, avvezze a sventolare per ben altri ardimenti; dove, in somma, si vedono tante belle cose e qualche volta — anche — in via d’eccezione — lo studente che studia.
E i fanciulli più poveri che cosa sono diventati? Oh! non me lo chiedete, signore! Le cronache giornalistiche, i piccanti fatti diversi, destinati a divertir l'ozio di tanta brava gente che sogna grandi riforme sociali tra una sorsatina di caffè e una boccata di fumo, informino. Io non rubo il mestiere a nessuno. Ma, risalendo dagli effetti alle cause, come spiegare questi fatti dolorosi? Su chi fame ricadere la tremenda responsabilità?
Spesso sulla stupida, ostinata, contrarietà tra i metodi educativi della famiglia e quelli della scuola: ma troppo spesso, ahimè, ricade su di voi, povere maestre elementari, che recate all’alto ufficio vostro un cervellino pieno zeppo di date, di nozioni scientifiche, di precetti retorici: e — pur troppo — un cuore freddo, un’anima sonnacchiosa ed inerte. Ma, d’altra parte, la colpa è tutta vostra, o non piuttosto dei vostri genitori che — tanto per assicurarvi un pezzo di pane — vi hanno scaraventato alle scuole normali, cosi come altri metterebbe le figliuole a cucir di bianco o a far le occhiellaie?
E voi, care, ci avete mai pensato che la patente non fa la maestra, come la laurea non fa il dottore?
Tra una lezione e l’altra di pedagogia avete mai studiato voi stesse, la vostra vocazione e — perdonatemi — il vostro temperamento? Vi siete sentite davvero accese d’un amore ardente, passionato, fatto tutto di sante abnegazioni e d’eroici sacrifizi, per le creature che la società vi avrebbe affidato? Ditemi, lo avete sentito? Avete avuto presso di voi, nell’ora fatale della decisione, un amico sincero, esperto, che vi abbia fatto intravedere tutte le asprezze, i triboli, i macigni, che avrebbero ingombrato il vostro cammino? Lo avete avuto vicino il medico discreto, ma schietto, che guardando alla vostra giovinezza, al lampo fascinatore dei vostri occhi belli, al fresco sorriso promettitore di arcane dolcezze, vi abbia susurrato all’orecchio: — Ragazza mia, non andate a rinchiudervi in una scuoletta angusta, triste, in mezzo a un nuvolo di bambini ignoranti