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bisogno dell’anima per il suo innamomto, tutto s’irradiava di luce, tutto le sembrava bello e buono e a tutto si sobbarcava animosa! L’operaio non era quel fior d’uomo degno dell’inesperta fanciulla, e per una rissa qualunque, resa più grave da altri antecedenti, fu messo in carcere.

La fanciulla spiegò tale forza, andò tanto su e giù, inteneri siffattamente chi aveva in mano le sorti dell’operaio, che fini col vederselo libero.

La gioia di lei fu sovrumana, benedì quasi all’incidente tremendo, che le aveva dato il modo di misurare se stessa e la potenza del suo amore. Ma un giorno due altri occhi più splendidi fissarono, passando, il giovane operaio; due gote vermiglie, un bel tipo di contadina, che possedeva una bella dote, affascinò quell'infedele, e la fanciulla tutta sacrifìcio, tutt’onestà, tutt’amore, fu abbandonata per sempre! La reazione fu tremenda: divenne ella dapprima capricciosa, snervata, inoperosa; poi la civetteria più sfacciata, la noncuranza di se e degli altri fece capolino in mezzo al precipizio che l'attendeva e il precipizio l’attrasse ella vi si getto giù a capo chino, e quella vergine bene educata e brava, quel tipo di gentile innamorata, quell’insieme di purezza e di abnegazione, si mutò in una donna da trivio!

Erano forse nella natura di lei la scorrettezza ed il vizio, o fu l'uomo, soltanto l'uomo, che ve la trascinò violentemente?

Vi fu invece tal’altra che, a vent’anni, veniva mostrata a dito per le vie che percorreva, col petto seminudo e sconciamente vestita, come la femmina più pericolosa e zittiva: le mamme evitavano che venisse guardata dalle proprie figlie; era il ludibrio del paesetto in cui viveva, e non esagero, perchè non accenno che a fatti di cui vi sono ancora tracce viventi. A questa fanciulla abbandonata da Dio e dagli uomini, abietta, corrosa dal vizio a vent’anni, deturpata a segno che neppure il velo rosato della giovinezza attirava uno sguardo solo di persona che si rispettasse, a questa fanciulla, per uno dei tanti casi della vita, si volsero un giorno gli occhi del più ricco signore del paese. Per uno dei tanti misteri di quell’abisso inesploralo che si chiama cuore umano, fini egli coll'amarla seriamente. La rinchiuse in una buona casa, le curò la salute consumata dal vizio, l’educò il cuore, le fece insegnare a leggere ed a scrivere e perfino l’arte gentile della musica. Dopo quattro anni di rigenerazione, egli la presentava al mondo sotto l'usbergo del suo nome onoratissimo, ed un intero paese la salu-