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I progressi della scienza trasformarono da capo a fondo l'industria, mutando faccia alle arti, aumentando il consumo dei prodotti, generalizzando il benessere ed i comodi della vita.

Oggi giorno, colla divisione del lavoro, che si è introdotta dovunque e coll'applicazione delle macchine, poche sono le arti ed i mestieri, in cui la donna non partecipi o direttamente o indirettamente.

Anzi, molti di questi le sono riserbati intieramente, per le sue speciali attitudini e perché li può compiere in modo più economico.

Ma è bene o male che la donna sia operaia?

Ecco la domanda che sorge spontanea sulle labbra, ecco l’eterna questione sollevata da economisti e filantropi e la quale va mutando conforme l'umore di coloro che la trattano, secondo l’aspetto in cui viene guardata.

Alcuni portano alle stelle la donna operaia, altri la piombano u terra. Cominciamo a esaminarla anche noi, colla lente dei pes- simisti.

L’opemia, si direbbe, non comprende la missione della donna, la quale dovrebbe essere essenzialmente destinata ad aver cura dei suoi figli, della sua casa.

Questa frase la sentite ripetere ogni giorno, ogni ora, e ha dato luogo ad un’infinità di citazioni, discussioni, volumi.

l’opeia, di tutti i paesi, diserta il focolare domestico, abbandona i figli per la fabbrica, l’opificio, la campagna.

Invece della vita intima di famiglia, la più grande preservatrice di ogni genere di depraazione; di quella vita tutta affetti gentili, accarezzata dalla fantasia femminile, l’operaia è costretta a vivere sotto gli ordini di un capo, non sempre onesto ed umano, in mezzo a compagne di dubbia moralità, il cui triste esempio è spesso il demone tentatore delle anime caste e virtuose, in perpetuo contatto con uomini diversi, pei quali talvolta succedono gelosie, rotture, scene disgustose.