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dove si consideri che le complicazioni, che possono difficoltare la gestione tutoria, stanno più che altrove nell’amministrazione, devesi generalmente supporre che più l’amministrazione è estesa e più agiato e civile dev’essere il ceto al quale il pupillo e la madre appartengono, e più completa perciò l’educazione di questa debb’essere.

Che se poi trattisi delle classi minute, nelle quali pochi sono gli averi e semplici gli interessi, la tutela si risolve in poco più che in una sorveglianza e nell’indirizzo ad onesto guadagno da provvedersi al pupillo; laonde è pur d’uopo convenire che non v’ha donna, per quanto ottusa, alla quale non basti l’intuito materno ad assicurare gl’interessi del suo pupillo.

In massima poi, noi stimiamo che qualsiasi provvedimento di fatto, altro da quello dal progetto voluto, sostituirebbe sempre con vantaggio questo immorale diritto di declinare doveri, dalla natura imposti e dalla ragione.

Altro principio prima affermato, poscia ad ogni tratto rinnegato dal progetto, è quello dell’eguaglianza civile dei sessi, del quale principio si ammanta esso pomposamente agli occhi della filosofia nella relazione, poco assai rispettandolo in fatto ne’ suoi paragrafi.

1L’esclusione dalla tutela in regola generale.

  1. Art. 237. Non possono essere tutori, protutori, curatori, nè far parte dei consigli di famiglia e devono cessare da questi uffizii qualora li avessero assunti:
    1. Le donne, eccettuata la madre, le altre ascendenti, e le sorelle germane non maritate.