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dovrebbe ciò fare, in quanto che nessun suo paragrafo, per quanto energicamente concepito, potrà mai distruggere questo fatto, chè dovrebbe prima distruggere la ragione, il sangue, gli affetti e l’ordine della natura.

Ma v’ha di più; siccome la legge, nel porre i destini della famiglia nelle mani dell’uomo e nel confidarla alla sua capacità, non gli diede e non gli potè dar sempre questa capacità, ne segue, che non di rado la famiglia è nelle mani della donna che l’amministra e la dirige di fatto non solo, ma altresì di diritto, dovendo bene l’idoneo supplire l’inetto ed il veggente guidare il cieco. Ed allora la legge deve impotente presenziare la propria abolizione e chinarsi alla necessità.

Il diritto parziale si pone egli stesso in tale stato d’infermità e d’impotenza, ogni qualvolta nega i principii del diritto naturale, che non è il diritto d’un luogo, d’un popolo e d’un tempo, ma il diritto di tutti i luoghi, di tutti i popoli, di tutti i tempi, e questa insufficenza della legge potentemente si appalesa nella sua eterna lotta coi costumi.

Davanti a questo fatto, che vigorosamente mi appoggia, io non rifarò teorie di diritto, che già ho fatto di pubblica ragione, e che parvero soddisfare al comune senso. Non è ora mio assunto teorizzare, ma bensì porre quelle dottrine a fronte delle condizioni, che il nuovo progetto del Codice Civile crea alla donna italiana. Ed il mio