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L'UNITÀ ETNICA DELLA NAZIONE ITALIANA NELLA STORIA


I. — Quando, sotto l’egida di Roma, garantite ormai la supremazia e la pace nel Mediterraneo, dopo le guerre puniche, si venne formando uno stabile equilibrio politico della penisola italiana, fino allora sconvolta da emigrazioni, da guerre e da conquiste di genti varie e discordi, si avviò anche rapida­mente l’unione e la fusione delle stirpi italiche, ormai tutte avviate verso le nuove forme civili. Liguri, Etruschi, Umbri, Osci, Celti, Veneti, Siculi o Greci, che tante volte, tra le vicende dei popoli, avevano sentito l’esigenza di quella unità e l’avevano tentata, più o meno consapevolmente, con mag­giore o minore fortuna, ora, ricono­sciuto il predominio di Roma, come la sola base sicura per una durevole unione, affrettavano il moto ormai avanzato della fusione.

La guerra sociale rivelò il cammino compiuto da questo movimento, e, fin da allora, nel primo secolo avanti l’èra cristiana, in una età veramente decisiva per la storia della civiltà, si formò l’unità fondamentale della nazione italiana, rimasta poi salda nei secoli.

La creazione dell’Impero, nei tempi di Cesare e di Augusto, dette a Roma una nuova potenza, una nuova missione, una nuova struttura; ma nulla tolse all’unità etnica e politica della penisola italiana, che restò integra, con la stretta fratellanza delle stirpi italiche, legate nella comune civiltà ariana e mediterranea, oltrechè coi privilegi che garantivano all’Italia, di fronte alle altre regioni dell’Impero, una situazione singolare nel diritto di cittadinanza, nel sistema delle imposte, nel possesso‘e nella trasmissione dei fondi, nelle forme dei contratti.

L’Italia, anche di fronte all’Impero, continuò a restare una organica unità geografica, etnica, giuridica, nettamente differenziata da ogni altra regione e da ogni altro popolo, ed ebbe fin da allora il suo confine storico sulle Alpi Occidentali, sulle Alpi Centrali e sulle Alpi Orientali; ebbe fin da allora il suo confine storico verso i tre mari, che nettamente la limitavano, con le grandi isole tirrene, Sicilia, Sardegna e Corsica, e coi minori arcipelaghi del Tirreno, del Jonio e dell’Adriatico, tutti riconosciuti come parti integranti dello sviluppò e della difesa della penisola.

Nella vasta e diligente descrizione dell’orbe romano, compiuta da Plinio, la descrizione dell’Italia è particolarmente curata, con rilievi che rispondono ancora alle caratteristiche etniche e morali delle varie regioni italiane; e questa descrizione si chiude con un motto altamente significativo, che riflette intera l’unità geografica, etnica, morale, amministrativa della penisola, e rivela fin da allora l’autonomia biologica e spirituale della nazione italiana: haec est Italia Diis sacra. Non dunque Roma, o una regione della penisola; ma l’Italia, nella sua organica compiutezza, creatrice dell'Impero, per una missione storica, consacrata agli Dei.

II. — Il fondo etnico della popola­zione italiana risulta, da quei tempi, ormai formato; e, se si eccettuano le conseguenze delle invasioni germaniche, tra il terzo e l’ottavo secolo d. C., non ebbe da allora vero turbamento. Sulla base di remote stirpi mediterranee, già avviate alla civiltà, si erano sovrap­poste le stirpi arie, succedutesi nelle invasioni, e si era formata, nella varietà delle schiatte, una unità fondamentale anche etnica. I pochi residui di elementi libici o fenici erano stati travolti dalle stirpi autoctone o sopravvenute. Liguri, Etruschi, Umbri, Celti, Greci, insieme con gli altri gruppi etnici, non formavano ormai che varietà singolari di regioni e di genti. Si era formata una fraternità spirituale, una lingua comune, un costume fondamentalmente ugua­le, un sistema giuridico uniforme. Anche le linee della aggregazione etnica erano ormai quasi identiche in tutte le regioni italiane, e si distinguevano daquelle di altri paesi: un sistema di città, collocate con grande frequenza nel territorio e costituite nel municipio; intorno alle città, nel giro della pertica municipale, un sistema di pagi (circoscrizioni rurali), con un capoluogo e con villaggi e centri colonici. Le classi della popola­zione, distinte più che altro per il possesso di onori pubblici o di ricchezze, erano dovunque simili: ottimati, liberi proprietari o mercanti, artigiani, coloni o servi. Stava per stendersi ormai, sull’antica varietà politeistica, una unica religione rivelata.

Ma, nelle travolgenti fortune, il nerbo della popolazione,
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