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deva nell’esagerazione opposta. Talleyrand racconta nelle sue memorie che vide sua madre per la prima volta a 12 anni! E’ una mostruosità psicologica; ma non è neppure molto normale il sistema oggi in uso in troppe famiglie di dare al fanciullo la confidenza, di lasciargli la libertà, l’indipendenza d’un uomo. Egli ascolta e vede tutto: egli può leggere tutto: egli è mescolato nei ricevimenti e nei teatri alla nostra torbida vita, e se per caso trova un giorno qualcuno che gli resista, il suo piccolo cervello, in cui sono idee troppo grandi, si turba, e la sua piccola anima, già precocemente scettica, accoglie quel senso di disperazione che lo trascina al suicidio.
Si dirà: sono evidentemente degli ammalati e dei predisposti, questi fanciulli suicidi; e la scuola, il collegio, la famiglia non hanno fatto che determinare all’ultimo episodio una condizione di cose preesistente.
Siamo d’accordo. Ma non è detto che gli ammalati non si possano guarire, e che le predisposizioni congenite non si possano vincere.
Se nell’educazione ci fosse più dolcezza e insieme più fermezza, in una parola più psicologia, così da non urtare la suscettibilità dei temperamenti infantili, e da formare nello