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alla luce della pubblicità, o vi arrivano troppo tardi, quando la piccola vittima si è già sottratta col suicidio a una vita di lento martirio.
Intendo parlare dei casi più comuni, in cui non ci sono dei perversi che fanno volontariamente soffrire il bambino, ma c’è un padre indifferente e una madre frivola che non si curano di lui, che gli danno il solo esempio di una disunione matrimoniale, con tutti i suoi alterchi, tutte le sue finzioni, tutte le sue bassezze, e lo lasciano senza guida, sorprendente dolo a volte con degli slanci d’indulgenza ingiustificati, a volte con dei rimproveri e dei castighi violenti e altrettanto ingiustificati. Sorge così il tipo del fanciullo triste, che vive solo colla sua malinconia, guardando con spavento alla vita che lo attende. Basta un’occasione, e questo piccolo malinconico fuggirà dal mondo che per lui non ebbe sorrisi.
E intendo parlare anche di quell’educazione falsa ed effeminata, tutta condiscendenze e debolezze, che oggi si gabella come prova d’affetto. Vi sono famiglie in cui il bambino non solo occupa tutta la vita dei parenti, ma è viziato, colmato di elogi, esaudito in ogni più strambo capriccio. Manca ogni disciplina morale, ogni freno materiale: tutti si devono inchinare ai voleri del piccolo despota.
Un tempo — e noi molto lontano — si ca-