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libro quarto | 87 |
Forche graticci vomeri e bidenti
E rastrelli ed aratri e torchj e stive,
E più sotterra s’incaverna opaca
La salubre cantina, a cui d’intorno
310Molti si stanno vasellami in cui
Gelosamente il quadrimo si serba.
Dove il bruno affidar molle ricolto
Scegliti asciutta stanza, entro cui passi
Il solar raggio dai spiragli opposti,
315Nè sia muffa alle basi o freddo nitro.
Soavemente il liscio pavimento
Leggero ingombri, e con man si diradi
Spesso, acciò non ammuffì o pigli odore
Con placido fermento ivi l’estrema
320Maturità conoscono le olive;
Si rigonfian le bucce, e le cellette
In che l’olio si acchiude internamente
Scoppiano intere, onde più agevol esce
E in più copia il licor quando si spreme.
325Ma fra i molti dall’arte ritrovati
Ingegni, e le invenzion chiare e gentili
Dell’industre meccanica io m’inoltro,
Iscegliendo il miglior, che in trite paste
Volga i maturi frutti, e non ne sforzi
330Di licor stilla alcuna. A me son volti
Popoli egregi e cui Minerva arrise