A ricevere in se l’estremo freddo,
E il caldo estremo a perder le radici 230Tenere ancora: e disse esser migliore
Divisamento, abbandonar gli ulivi
Siccome selva a sua fortuna in preda; 7
Ma chiara esperïenza or noi fe’ scorti
Che la cosa è altrimenti, e che più saldo 235Ed intatto il terren vieppiù resiste
Bensì al poter d’illiberali influssi,
Ma più il caldo ritiene, e il gel, qualora
Entro ve li abbia, e ne consuma i germi.
Quindi non lievi piogge, e non benigne 240Madide aurette di vapori mille,
Concederanno alla non smossa terra,
E quindi ai germi alcun ristauro, e quella
Che la notte discende, o che trasuda
Dalla terra medesma util rugiada: 245Quella che sovra i fior cadendo imperla,
E che ne solve i calici odorati,
E l’erbe tutte onde si veste il mondo
D’un aerea lanugine coprendo
Di sua freschezza riconforta, e abbella. 250Fermo dunque ai lavor, questi abbian loco
Tre e quattro volte l’anno, e non inciampi
Tua mente in tale error che i men accorti
Con molto danno in ogni età sedusse.