Giova, ed al freddo. Non minor guadagno
Ebbe chi le marcite utili foglie
Cadute il verno da fossati trae
Giunte al sedente limo, indi le ripe 440Ne ingombra, e il conseguente anno le sparge.
Ma null’ altro alimento e di più fresco
Succo fecondo rinvenir non seppi
Per l’albero gentil, che le tenaci
Erbose umide zolle, e la palustre 445Verdissim’ulva, e le recise piote
Ben marcite e scomposte. Il sarchio adopra
Tu per le siepi, e le acquidose fitte,
E ne’ floridi margini, e ne’ stagni
Che di sì ricche cose a noi benigna 450Fu la natura, ed ammontato il tutto
Al divisato campo lo riporta.
Quivi poiché la terra, e la stagione
Lo ti consente, a tuoi lavori attendi,
Né stanchezza ti prenda, od importuna 455Fretta nel rimondar de’ germi il suolo,
Onde l’umor che dell’amata pianta
Vuol essere alimento, inutil seme
Non si bea neghittoso. Ove l’oliastro
Spontaneo cresce, l’inegual terreno 460Di molt’erba si ammanta, e di radici
Non volute ne’ solchi; ivi sovverchio