Men faticosi modi ignavia sozza 385Persuase ai codardi; infimo gregge
Cui mai di novità stimol non move,
E servo e cieco va dinanzi all’uso
Stupidamente, e il ver non vede, o sprezza.
Poste a dilungo a macerar le olive 390In comignoli strette ove si stipa
In chiusa stanza l’aere condenso,
E come dal turgente olio si sbuccia
La negra scorza, allo strettojo ponle
E senz’altro mirar le serra e preme; 395Ma graveolente in bocca i denti allèga
O di salace gusto arde la gola,
E gli stomachi offende, ed alenosa
Tosse incitando sgomina i precordj.
Nè sia chi troppo liberal ne infonda 400A le vivande, e meno alla fresc’erba,
Che nulla grazia aggiunge, anzi il nativo
Gusto corrompe delle dapi, o toglie.
Della mensa al finir lucido e puro
Entro sassono vetro a noi risplenda 405Il licor degli ulivi, e il bello imiti
Dell’auro fiammeggiar, che tristo è il verde
Odîato color; l’ambra somigli
Al versar del cristallo; odor nessuno
V’abbia, e larga di se macchia cadendo