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novarle tutte, dopo il settimo anno da che fu approvato, ed il quarto che furon distribuite.

Il pistolone è un imbarazzo, perchè l’uso generale delle armi da fuoco di precisione ristringe talmente l’azione della cavalleria nella più impetuosa e repentina offesa, che il suo combattimento in esploratori, impraticabile in guerra, non va più annoverato che tra i tanti perditempo delle nostre piazze d’armi.

Tutta l’azione difensiva della cavalleria, abbandonata a se stessa, e quando non sia protetta dall’artiglieria volante, che è propriamente il suo fuoco, si riduce a sottrarsi colla maggior velocità al tiro lungo e fitto delle nuove armi, senza che per questo la sua gloria venga meno, perch’è in conseguenza della celerità delle sue mosse, che, quantunque battuta e respinta, vi ritorna spesso in azione balda e vittoriosa.

Difatti, contro una linea d’esploratori di cavalleria, spiegata a coprire e protegger cavalleria contro fanteria, bastano pochi bersaglieri appiattati dietro scogli o alberi, per levarsela presto d’attorno, e senza averne danno, per la minor gittata dell’arma, quando anche il tiro ne fosse il più preciso.

Contro esploratori di cavalleria, non avrebbe miglior effetto; perchè il fumo, il lampo ed il rimbombo del tiro, l’inquietezza e l’agitazione del cavallo, la continua mobilità del cavaliere, per non essere bersaglio fisso ai colpi nimici, rendono il lontano fuoco della cavalleria così incerto, che lo stesso regolamento d’esercizi non ne fa mistero1.

Il cavaliere non può dunque aver niuna fiducia in un’arma la quale, se pochissimi effetti produce nel tiro individuale di piè fermo contro un bersaglio fisso, non può darne maggiori in mezzo all’emozione del combattimento, e a distanza incognita.

  1. «Il tiro al bersaglio è per la inevitabile mobilità del cavallo già alquanto difficile. Se il cavallo poi è inquieto diventa quasi impossibile. — Regolamento d’esercizi ed evoluzioni della cavalleria.» Vol. 2°, pag. 232, § 1072.