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la capanna dello zio tom


— «Allora potrete comprendermi. Io ne perdei due, l’uno dopo l’altro: li ho lasciati colà sepolti, quando fuggii; mi rimase questo unico. Non ho dormito mai una sola notte senza di lui; egli era il mio tutto, la mia consolazione, il mio orgoglio, giorno e notte; ah signora! e volevano strapparmelo — venderlo — venderlo nel Sud, signora; andar là tutto solo — un bambino che non si è mai staccato un momento in sua vita dal fianco di sua madre! Non potei rassegnarmi, signora; sapeva che se mel toglievano, non avrei avuto mai più un’ora di bene; e quando intesi che il contratto era firmato, che egli era venduto, lo tolsi in braccio e fuggii di notte; ed essi mi inseguirono — l’uomo che lo avea comperato e alcuni domestici del padrone; — già mi avean raggiunta, mi stavan sopra. Gli udii, spiccai un salto sul ghiaccio, traversai non so come; mi ricordo solamente, che sull’altra sponda un uomo mi aiutò a salire.»

La donna non diede un gemito, non un singhiozzo. Era giunta a quel punto, in cui la fonte delle lacrime è inaridita; ma quanti l’udivano, ciascuno a suo modo, davan segni di cordiale simpatia.

I due figliuoletti, dopo aver rovistato inutilmente nelle saccoccie, in cerca di quel fazzoletto che le madri ben sanno non vi si trova mai, si erano intanto accostati, con atto di dolore, ai fianchi della lor madre; e lì presero a singhiozzare, ad asciugarsi gli occhi e il naso nelle pieghe della veste di lei; la signora Bird si nascondeva la faccia col fazzoletto; e il vecchio Dina, colle lacrime che gli scorreano sulla faccia, su quella faccia di galantuomo, esclamava con religiosa compunzione: «Il Signore abbia pietà di noi;» mentre il vecchio Cudgioe, asciugandosi fortemente gli occhi colle maniche della camicia e facendo un’infinità di smorfie coi muscoli della faccia, rispondeva, sul tono stesso e collo stesso fervore. Il nostro senatore era uomo politico, e quindi non dobbiamo aspettarci che esprimesse il suo dolore come il resto dei mortali; volse le spalle alla compagnia, guardò fuori della finestra; parve specialmente che volesse, espettorando, trarsi qualche impaccio di gola; prese a nettar le lenti dei suoi occhiali, a soffiarsi, tratto tratto, il naso, in modo da ispirar sospetto in chi attentamente l’osservasse.

— «Avevate dunque un buon padrone, avete detto?» chiese egli improvvisamente, mandando giù dalla gola qualche cosa che lo imbarazzava, dirizzandosi verso la donna.

— «Sì, era un buon padrone, non potrò mai dire altrimenti; e, la mia padrona era buona; ma non potea fare diversamente. Avean molti debiti e nessun modo di liberarsene, come intesi a dire; perchè il loro creditore era crudele, ed essi dovettero rassegnarsi ai voleri di lui. Udii la padrona che pregava, scongiurare il marito a favor mio; e questi rispondeva non poter egli fare altrimenti, aver già firmato il contratto; allora