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la capanna dello zio tom
Mentre ella parlava, Tom era rimasto colle mani alzate, cogli occhi spalancati, come uomo che sogna. Ripigliando quindi, poco a poco, la conoscenza del vero, si lasciò cadere, anzichè siedesse, su di una vecchia scranna, e piegò il capo sulle ginocchia.
— «Il buon Dio abbia pietà di noi! — esclamò la zia Cloe. — E può esser vero? Che ha egli fatto, perchè il padrone lo venda?»
— «Niente ha fatto; il padrone fu costretto a venderlo; e la padrona, sempre buona, ha perorato, ha supplicato per noi; ma egli le ha risposto che era inutile, che quell’uomo era suo creditore, che aveva potestà intera sovra esso, che insomma, se nol pagava sino all’ultimo denaro, sarebbe costretto a vender la casa con tutti i neri e sfrattare. Soggiunse che ne era dolentissimo; ma la signora — oh se l’aveste intesa a parlare! — se non è dessa buona cristiana, un angelo, non ve ne ebbe mai sulla terra. Oh io sono ben cattiva ad abbandonarla così, ma non posso fare altrimenti. Disse che un’anima sola valeva assai più di tutto il mondo; e questo bimbo ha pur esso un’anima, e se lo lasciassi portar via, chi sa cosa ne diverrebbe. Se ho torto, Dio mi perdoni, ma non posso fare altrimenti.»
— «Ebbene, mio buon vecchio — disse la zia Cloe, — perchè non fai tu pure altrettanto? Aspetti forse che ti trascinino all’ingiù del fiume, ove, a forza di fatiche e di patimenti, si ammazzano i neri? Meglio è morire che andar là giù! hai tempo di salvarti; fuggi con Elisa; sèrviti del passaporto che tu hai per andare e venire a tua posta; su via; io corro ad acconciarti subito il tuo fardelletto.»
Tom sollevò lentamente il capo, e movendo intorno uno sguardo accorato, ma sereno:
— «No, no — rispose — non fuggirò. Vada Elisa, ne ha diritto. Non vorrei consigliarla a rimaner qui; la natura nol consente. Ma hai inteso ciò che ella disse? bisogna vender me o tutti i negri del podere; ebbene si disfacciano pur di me. Posso sopportar questa sventura, come ogni altra qualsiasi — gli soggiunse egli, non senza che un profondo singhiozzo erompese dal suo largo e ruvido petto. — Il padrone mi trovò sempre al mio posto, e sempre mi vi troverà. Io non gli ruppi mai fede, non feci mai uso del passaporto in modo contrario alla mia parola, nè il farò mai. Mi è più caro esser venduto io solo che veder tutto venduto. Non dobbiamo, o Cloe, accusare il padrone; egli prenderà cura di te e de’ poveri....»
Così dicendo si volse verso il rozzo letticiuolo, dalla cui coltre apparivano alcune piccole teste lanose, e ruppe in lacrime; si abbandonò sul dosso della sedia, e si chiuse la faccia nelle mani. Singhiozzi profondi, strazianti, faceano crollar la sedia, e grosse lagrime gli scorreano, giù per