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la capanna dello zio tom


Pallida, fremente, colle labbra compresse, più non somigliava a quella timida e mite creatura che poc’anzi abbiam veduta. Si avanzò cautamente nel corridoio, ristette alquanto dinanzi all’uscio della camera di sua padrona; quindi, levando le mani al cielo, quasi tacitamente se ne appellasse a Dio, si gittò nella sua stanza. Era questa una cameretta, polita, esposta al sole, che ricevea luce da una finestra, presso cui la giovinetta soleva sedersi, e cantando lavorare. Vi si vedeva una piccola biblioteca e diverse bagattelle che le erano state date per regalo di strenna; appostata in un gabinetto, una semplice guardaroba con tiretti. Arrigotto dormia sul letto; le lunghe anella de’ capelli gli scorrean libere intorno al volto traquillissimo; i suoi labbruzzi di rosa erano semiaperti; le manine ben tornite posavano sulla copertina, e un sorriso soavissimo, come raggio di sole, ne illuminava la fisonomia.

«Povero bimbo! povero schiavo! — disse Elisa — ti hanno venduto; ma tua madre saprà salvarti.»

Non una lacrima cadde sul guanciale; in questi momenti il cuore non può versar lacrime; versa sangue e si stempera tacitamente. Elisa, in tutta fretta, diè di piglio a un foglio di carta, ad una penna e si mise a scrivere.

«Oh signora! mia cara signora! non vogliate tacciarmi di ingratitudine, non pensate male di me. Ho inteso ciò che diceste ier sera, voi e il padrone. Voglio tentar la prova di salvar mio figlio; non mi biasimerete, no, voi! Dio vi benedica e vi ricompensi della vostra bontà.»

Ripiegato il foglio e appostavi la soprascritta, trasse da un cassettino un piccolo involto di roba per il suo bimbo, lo ripose in un fazzoletto e ne fece fardello. L’antiveggenza di una madre è tale che anche, nei terrori di quell’ora, non dimenticò di riporre nel piccolo involto uno o due de’ suoi balocchi più prediletti, riservando un papagallo dipinto a vivaci colori per il momento in cui sarà costretta a risvegliarlo. Durò non poca fatica a scuoter dal sonno il fanciullo; ma questi, dopo qualche sforzo, si rizzò in piedi e cominciò a sollazzarsi col papagallo, mentre la madre si mettea il cappello e lo scialle.

— «Mamma, dove vai?» chiese il fanciullo, vedendola avvicinarsi al letto per porgli indosso la sua vesticciuola e il cappello.

Elisa gli si fece più dappresso e gli fissò in volto uno sguardo tale che egli comprese esservi in aria qualche cosa di straordinario.

— «Zitto, Arrigotto — gli disse — non parlar sì forte; altrimenti ci sentiranno. Dee venire un uomo cattivo per togliere Arrigotto dalle braccia di sua madre e portarlo al buio; ma sua madre non lo abbandonerà, gli porrà la sua vesticciuola, il suo cappello e fuggirà con lui, acciò quell’uomo cattivo non possa raggiungerlo.»