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la capanna dello zio tom
vita. La parola ha perduto forse di sua efficacia, o l’occhio illanguidito, il senso estenuato più non rispondono all’influsso di quella potente ispirazione? Sospirando gravemente, si ripose la Bibbia in tasca. Un feroce scoppio di risa gli suonò a tergo — sollevò gli occhi — e vide faccia a faccia Legrée.
— «Benissimo! vecchio rimbambito — diss’egli — trovi finalmente che la tua religione non funziona più, credo io? sono riuscito a cavartela da quella testaccia lanuta!»
Quel sogghigno crudele fu più amaro del digiuno, del freddo, della nudità. Tom non rispose.
— «Sei un pazzo — riprese Legrée; — perchè io avea buone intenzioni quando ti ho comperato. Potevi essere preferito a Sambo, a Quimbo, darti buon tempo; ed invece di esser battuto ogni due o tre giorni, aggirarti liberamente nei dintorni e flagellar altri negri; e oltre ciò, avresti potuto bere, tratto tratto, un buon punch. Riconsigliati meglio; non vorrai finalmente far senno? Getta sul fuoco quelle vecchie cartaccie, e unisciti alla mia chiesa.»
— «Iddio me ne guardi!» esclamò Tom con fervore.
— «Vedi come Dio viene in tuo aiuto! — disse Legrée, sputandogli addosso e menandogli un calcio. — Ricordati bene che io ti ridurrò a partito; vedrai se ti domerò!» e Legrée volse le spalle.
Quando un peso tremendo ti sta sull’anima e la curva sino a quel punto in cui la pazienza è possibile, v’ha un istante, uno sforzo disperato d’ogni nervo morale e fisico, per rigettarlo da sè; laonde spesso avviene che allo spasimo più crudele succede la reazione della gioia e del coraggio. E questo era il caso di Tom. Le bestemmie empie dello spietato suo padrone depressero la sua anima quanto la si potea deprimere; e quantunque la sua mano stringesse ancora l’eterna roccia della fede, era uno sforzo ultimo e disperato. Tom siedea quasi trasognato presso il fuoco; quando le cose che avea all’intorno dileguarono improvvisamente, e gli sorse innanzi agli occhi la visione di un Uomo, coronato di spine, beffeggiato e sanguinoso. Tom restò compreso di riverenza e di meraviglia alla pazienza maestosa che improntava quel volto; quegli sguardi profondi, affettuosi gli commossero tutte le fibre del cuore; parve che la sua anima si risvegliasse, e le sue ginocchia si piegarono a terra. Quella visione trasfigurò a poco a poco; le spine strazianti si convertirono in raggi di gloria, e circonfuso di una luce ineffabile vedeva quel volto stesso inclinarsi pietosamente verso di lui, e udì una voce — «Chi ha patito mi siederà a fianco sul mio trono, perchè anch’io ho patito ed ora seggo sul trono con mio padre.»
Quanto tempo rimanesse in quello stato, Tom non seppe mai. Quando